Cresce la diffusione del welfare aziendale nelle piccole imprese. Il 75% delle Pmi, tre su quattro, ha un livello almeno medio di welfare aziendale, cioè ulteriore a quello previsto dai Ccnl. Dal 2016 le imprese che hanno raggiunto un livello alto o molto alto di welfare aziendale sono triplicate, dal 10,3% al 33,3%, accelerando negli ultimi due anni (+ 8%).
L’edizione 2024 del rapporto Welfare Index Pmi promosso da Generali Italia, e presentato ieri a Roma, assieme alle principali confederazioni e alla ministra per la Famiglia, Eugenia Maria Roccella, ha coinvolto circa 7mila imprese con oltre 6 dipendenti. Le prestazioni erogate ai propri dipendenti nel 56,4% dei casi riguardano la conciliazione vita – lavoro. Seguono salute (spiccano misure come yoga e pilates) e assistenza , previdenza e protezione, tutela di diritti, diversità e inclusione sociale. Stanno muovendo i primi passi anche le iniziative delle imprese a sostegno delle famiglie per la cultura e l’educazione dei figli, con il 10% di aziende attive su questo fronte.
Insomma, evidenzia lo studio, è possibile fare leva sulle Pmi per rinnovare il sistema di welfare del nostro Paese, nella logica di un patto pubblico-privato.
Interessante notare come la quota di imprese con aumento di fatturato nel 2023 è aumentata linearmente con il livello di welfare aziendale, dal 28,8% di quelle con livello iniziale al 46,5% di quelle con livello molto alto, dato che conferma come il welfare si dimostra ancora una volta un’eccezionale leva per accelerare crescita, produttività e sostenibilità delle imprese.
Anche la sanità integrativa è in continua crescita infatti coprendo quasi 16 milioni di italiani tra lavoratori e familiari, intercettando circa 4,5 miliardi di risorse, a testimonianza di quanto le aziende, attraverso la contrattazione, stiano investendo in questa importantissima tutela che non è più solo appannaggio delle imprese grandi.
Lo studio sottolinea come, in Italia, una quota significativa della spesa di welfare è a carico diretto delle famiglie, che sostengono il 22% della spesa sanitaria, il 71% di quella assistenziale per la cura di figli e anziani, il 16% della spesa per l’istruzione. Il welfare aziendale, trasferendo parte di questa spesa dalle famiglie alle imprese e trasformandola da individuale a collettiva, agisce come fattore di efficienza e di equità. Le Pmi raggiungono 11,3 milioni di famiglie con lavoratori dipendenti, il 44% delle famiglie italiane, appartenenti a tutte le fasce sociali, di cui 3,2 milioni a vulnerabilità alta o molto alta.
Quest’anno, tra le novità, c’è un focus sul terzo settore, che conta 125mila organizzazioni iscritte al Runts (Registro unico degli enti del terzo settore). Il non profit in senso più ampio coinvolge 894mila dipendenti, quasi 4,7 milioni di volontari, e produce un valore pari al 5% del Pil. Gli enti del terzo settore che hanno raggiunto un livello alto e molto alto di welfare aziendale sono il 59,3%, contro il 33,3% delle imprese for profit. Il 18% delle imprese oggetto dell’analisi sono caratterizzate da un welfare evoluto, ai più alti livelli di iniziativa e capacità gestionale. Le aziende di questo profilo intendono il welfare come leva strategica per la sostenibilità dell’impresa e l’81% di esse ottiene i migliori risultati in termini di impatto sociale (il 53% molto alto).
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