In questa finestra rivolgiamo la nostra attenzione verso l’IA e , nello specifico, sull’impatto che avrà nel mondo delle libere professioni.
Nella nostra rubrica Focus troverete alcune osservazioni autorevoli di Università italiane che hanno valutato come l’ingresso delle AI (dall’anno 2018) stia cambiando le libere professioni. Come federazione , ci poniamo anche la domanda su come supportare le categorie professionali nell’affrontare questi cambiamenti, promuovendo una regolamentazione che tuteli sia l’innovazione che i diritti dei professionisti ,cercando di trovare un equilibrio tra il progresso tecnologico e le necessità etiche e deontologiche che caratterizzano ogni professione.
Questi sono i risultati della ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano
Entro dieci anni la nuova automazione sostituirà 3,8 milioni di posti di lavoro equivalenti:
• Il mercato dell’IA raggiunge 760 milioni di euro, la Generative AI è al 5%
• 6 grandi imprese su 10 hanno già avviato almeno un progetto di AI, solo il 18% delle PMI
• Un italiano su 4 ha già interagito almeno una volta con ChatGPT. Quasi 8 su 10 hanno timori sull’Intelligenza Artificiale
Il mercato dell’Intelligenza Artificiale, in Italia, cresce in maniera impetuosa. Nel 2023 segna +52%, raggiungendo il valore di 760 milioni di euro, dopo che già nel 2022 aveva registrato un +32% rispetto all’anno precedente. La gran parte degli investimenti riguarda soluzioni di analisi e interpretazione testi per ricerca semantica, di classificazione, sintesi e spiegazione di documenti o agenti conversazionali tradizionali, mentre sono ancora limitati al 5% (38 milioni di euro) i progetti di Generative AI. Sei grandi imprese italiane su dieci hanno già avviato un qualche progetto di Intelligenza Artificiale, almeno a livello di sperimentazione, ma ben due su tre hanno già discusso internamente delle applicazioni delle Generative AI e tra queste una su quattro ha avviato una sperimentazione (il 17% del totale).
Nel 2023 quasi tutti gli italiani (98%) hanno sentito parlare di Intelligenza Artificiale, e più di un italiano su quattro (29%) ne ha una conoscenza medio-alta. C’è grande interesse, dunque, ma anche una certa confusione: tre italiani su quattro hanno sentito parlare di ChatGPT ma solo il 57% conosce il termine “Intelligenza Artificiale Generativa”. Un italiano su quattro dichiara inoltre di aver interagito almeno una volta con ChatGPT. Ben il 77% degli italiani (+4 punti percentuali rispetto al 2022) guarda con timore all’Intelligenza Artificiale, soprattutto in relazione ai possibili impatti sul mondo del lavoro. Tuttavia, solo il 17% è fermamente contrario all’ingresso dell’AI nelle attività professionali.
“Quest’anno l’Intelligenza Artificiale ha fatto passi da gigante anche in Italia – afferma Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence –. Il mercato è in forte crescita, come i progetti, e ormai quasi tutti gli italiani hanno sentito parlare di AI, ma guardano a questo ambito con interesse e qualche timore. Nel valutare il reale impatto sul lavoro, però, bisogna tenere in considerazione le previsioni demografiche che, a causa dell’invecchiamento della popolazione, prospettano un gap di 5,6 milioni di posti di lavoro equivalenti entro il 2033. In questa prospettiva, la possibile automazione di 3,8 milioni di posti di lavoro equivalenti appare quasi una necessità per ribilanciare un enorme problema che si sta creando, più che un rischio. Tuttavia, soltanto prestando attenzione alle nuove esigenze dei lavoratori, alla formazione e ad un’equa redistribuzione dei benefici, la società riuscirà a trarre valore dallo sviluppo dell’AI”.
“Nel 2023 il mercato italiano dell’Intelligenza Artificiale cresce in maniera significativa segnando un +52%, raggiungendo il valore di 760 milioni di euro, in accelerazione rispetto al +32% registrato nell’anno precedente. La gran parte degli investimenti riguarda soluzioni di analisi e interpretazione testi per ricerca semantica, di classificazione, sintesi e spiegazione di documenti o agenti conversazionali tradizionali, mentre i progetti di Generative AI pesano solo per il 5%, sebbene vi sia però un grande interesse – evidenzia Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence –. Due organizzazioni su tre hanno già discusso internamente delle applicazioni delle Generative AI e tra queste una su quattro ha avviato una sperimentazione (il 17% del totale). L’avvento della Generative AI non sembra tuttavia essere una via per ridurre il gap nell’adozione dell’Intelligenza Artificiale tra le grandi organizzazioni, chi è indietro nel percorso di adozione dell’AI, infatti, non riesce a trarre beneficio delle opportunità della generative AI (nel 77% dei casi).”
“Da parte della comunità scientifica è doveroso guidare il percorso di adozione dell’AI e dell’AI Generativa, cercando di evitare la fase di disillusione che solitamente caratterizza il processo di adozione di nuove tecnologie – spiega Nicola Gatti, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence –. A questo riguardo, sono tre le principali criticità che riguardano oggi l’AI: poter garantire che i risultati dei sistemi di AI siano corretti — tipicamente si parla di robustezza —, poter garantire che le decisioni prese siano spiegabili alle persone — tipicamente si parla di explainability —, e certificare che i sistemi di AI rispettino le regolamentazioni Europee e che i rischi potenziali siano mitigati. Come Politecnico di Milano, tramite il Partenariato Esteso FAIR, stiamo portando avanti la ricerca in ambito Adaptive AI proprio per dare risposta a queste sfide”.
IL MERCATO
Il 90% del mercato dell’Intelligenza Artificiale in Italia è dovuto alle grandi imprese. Il resto è suddiviso in modo equilibrato tra PMI e Pubblica Amministrazione. La quota più significativa del mercato dell’Intelligenza Artificiale italiano (29%) è legata a soluzioni per analizzare ed estrarre informazioni dai dati (Data Exploration & Prediction, Decision Support & Optimization Systems). Il 27% è per progetti di interpretazione del linguaggio, scritto o parlato (Text Analysis, Classification & Conversation Systems). Il 22% per algoritmi che suggeriscono ai clienti contenuti in linea con le singole preferenze (Recommendation Systems). Il 10% analisi di video ed immagini, 7% Process Orchestration Systems, il 5% Generative AI. Guardando alla spesa media in Intelligenza Artificiale per azienda, ai primi posti Telco-Media e Assicurazioni, seguiti da Energy, Resource & Utility e Banche e Finanza.
Ecco a voi anche la ricerca fatta dalla Bicocca:
Articolo redatto dal Crisp (Interuniversity Research Center of Public Services) dell’Università degli Studi di Milano Bicocca
INTELLIGENZA ARTIFICIALE, UNA NUOVA CLASSIFICA DEI LAVORI PIÙ IMPATTATI
Alcuni ricercatori italiani hanno stilato un elenco delle professioni che più sentiranno l’impatto di questa tecnologia, ma non è detto che sarà negativo:
Al primo posto i fisici e al quarto gli ingegneri aerospaziali, al 265esimo poeti e scrittori e agli ultimi due estetisti e pavimentisti. La classifica dei mestieri più impattati dall’intelligenza artificiale generativa suona come una “condanna a morte” per chi la domina. In realtà, proprio per gli stessi, è una “last call” per la salvezza, se non una nomination per il successo.
“L’effetto delle nuove tecnologie su alcuni lavori può essere anche positivo, solo chi non lo saprà capire verrà sostituito, non da una macchina però, ma dal collega, umano, che le ha sapute usare meglio” precisa Fabio Mercorio, uno dei ricercatori del centro di ricerca Crisp (Interuniversity Research Center of Public Services) dell’Università degli Studi di Milano Bicocca che ha realizzato questa “listona”.
Assieme ai colleghi Emilio Colombo, Mario Mezzanzanica, Antonio Serino, ha preso un database di mansioni divise per oltre 900 professioni e ha domandato a tre LLM (large language model) open source, Mistral (7B Instruct v 0.2), Openchat (3.5 0106) e Orca mini (v3 7b) quali sapessero fare meglio. Poi ha creato un “terminator benchmark” per indicare dove e come le nuove tecnologie ci sostituiranno o ci supporteranno. “È un indice di ‘impatto’ in senso neutro” prova a spiegare ma, consapevole della delicatezza del tema e del rischio di fraintendimenti, accetta di svelare la “sua” classifica solo a una condizione: “Devo spiegare come leggerla”. Wired Italia l’ha accettata.
LA TOP 5 DELLE OPPORTUNITÀ
Prima di pronunciarsi sul probabile destino delle singole professioni, Mercorio fa una premessa anti-panico generale. “ Chi è in cima alla classifica non è detto che verrà danneggiato dalle nuove tecnologie, anzi potrebbe guadagnarne in efficienza e produttività” spiega. Proprio i fisici, per esempio, rifilando noiosi calcoli agli LLM, si dedicherebbero meglio al controllo e all’interpretazione dei risultati, nonché alla lotta contro le fake news scientifiche, forse più pericolose dell’intelligenza artificiale in sé, se ben utilizzata.
Similmente gli analisti di business intelligence e gli esperti in animali, al secondo e al terzo posto, mentre per gli ingegneri aerospaziali che compaiono al quarto serve una spiegazione a sé. “Nel loro caso gli LLM possono rivoluzionare la ricerca di nuovi materiali e tecnologie e ottimizzare i calcoli per nuovi progetti – afferma Mercorio -. Un potenziale impatto positivo peculiare emerso in modo specifico per questo settore e da non ignorare”.
La top 5 si conclude con gli statisti di cui lo studio mette in luce le skill relazionali spesso trascurate. “Nei calcoli, come i fisici, possono essere supportati, ma gli LLM non li aiuteranno nella supervisione e nel coordinamento di chi raccoglie dati: questi compiti non sono gestibili dalla tecnologia” afferma Mercorio.
L’EMERSIONE DEL LAVORO UMANO
“Ogni volta che ci sono task relazionali o che richiedono intelligenza emotiva, l’AI generativa, come anche la robotica, per ora non portano alcun miglioramento”, spiega Mercorio. Questa classifica ha quindi il merito di far riscoprire il lato umano e insostituibile di professioni considerate in declino “causa AI”. È Mercorio stesso a citare proprio quella del giornalista. “Gli LLM possono aiutarlo a elaborare grandi quantità di dati testuali, email e articoli, e a identificare potenziali fonti – recita il suo studio – ma la natura complessa e sfumata delle relazioni umane, la fiducia e la comunicazione continua richieste dalla professione lasciano questo compito principalmente un’attività umana”.
Il passaggio da “chi sarò” a “cosa farò” segna un cambio di prospettiva essenziale nell’era dell’AI: non più job title, ma attività e competenze che definiscono il valore del lavoro.
Dopo aver analizzato i rischi per la propria professione, è importante cogliere il messaggio del progetto: monitorare l’evoluzione dei task, poiché l’impatto dell’AI, positivo o negativo, trasformerà ruoli e competenze.
“Dobbiamo iniziare a pensare a cosa facciamo e come, la qualifica che ci assegniamo è solo una conseguenza delle nostre azioni quotidiane e può cambiare nel tempo – spiega Mercorio -. Le nuove tecnologie stanno logorando le professioni da dentro, task dopo task. Solo imparando a integrarle in modo efficace, non si perderà il lavoro”.
Lo devono capire i singoli ma anche le aziende, secondo Mercorio, “_per gestire al meglio le risorse umane e riconoscere quali posizioni hanno un bisogno più urgente di supporto per gestire l’AI e le altre innovazioni. È nel loro interesse, per ottimizzare sforzi e investimenti di formazione e upskilling”. Un lavoro lungo e che richiede continui aggiornamenti, tanto veloce evolve la tecnologia; infatti, Mercorio sta lavorando per trasformare la propria lista in una guida dinamica dedicata al mondo del lavoro. “Ogni anno analizzeremo come cambia l’impatto dell’AI generativa sui vari compiti – annuncia -. Sarà anche un modo per capire quale direzione sta scegliendo chi la sviluppa”.
CONCLUSIONI
Per Federprofessioni l’impatto dell’IA nel settore libero-professionale rappresenta una sfida e un’opportunità. L’IA promette di automatizzare attività ripetitive, come la ricerca e la gestione documentale, consentendo di concentrarsi su compiti più strategici e di valore aggiunto, come la consulenza personalizzata e l’interpretazione dei dati.
Tuttavia, l’adozione dell’IA richiede un’attenta valutazione dei rischi, inclusi quelli legati alla privacy, all’etica e alla qualità delle decisioni automatizzate. Per i professionisti, abbracciare questa trasformazione significa investire in nuove competenze tecnologiche per garantire che l’IA diventi un alleato, senza compromettere l’integrità e la centralità del giudizio umano nel processo decisionale.
Avv. Carmelo Bifano